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03/09/2024 00.00 - Quotidiano Energia
Pnrr in ritardo: “Solo metà dei fondi ha raggiunto i destinatari finali”

L'allarme della Corte dei Conti europea: c’è il rischio che l’assorbimento delle risorse rallenti ulteriormente e che i progetti non siano completati nei tempi

Ritardi nell’erogazione dei fondi e nell’attuazione dei progetti mettono a rischio il raggiungimento degli obiettivi dei Pnrr. Risorse che non sempre sono arrivate nelle casse dei destinatari finali. Sono gli allarmi lanciati dalla Corte dei Conti europea nella relazione sul dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf), lo strumento alla base dei Pnrr.

Alla fine del 2023 la Commissione europea ha erogato solo 213 mld € sui 724 della dotazione complessiva, di cui 56,5 mld € sotto forma di prefinanziamenti, e gli Stati membri hanno richiesto 228 mld € contro i 273 previsti sulla base degli accordi operativi. Non è detto poi che questi soldi siano arrivati ai destinatari finali, come imprese private, società pubbliche di servizi energetici e scuole, sottolinea la Corte in una nota. Quasi la metà dei fondi Rrf erogati ai 15 Stati che hanno fornito le necessarie informazioni al riguardo non aveva ancora raggiunto i destinatari finali e gli altri sette Paesi che hanno ricevuto le risorse non hanno fornito informazioni complete e coerenti sulla loro collocazione attuale.

“Lanciamo un segnale d’allarme, perché a metà percorso i paesi Ue avevano attinto a meno di un terzo dei finanziamenti previsti”, ha dichiarato Ivana Maletic, il membro della Corte responsabile dell’audit.

Nel dettaglio, la relazione speciale 13/2024 nota come delle 104 richieste di incassare sovvenzioni e prestiti che avrebbero dovuto essere presentate indicativamente entro la fine del 2023, ne erano state presentate 73 (il 70%), con differenze significative tra i diversi Stati. Non rientra in questo gruppo l’Italia, che insieme altri 8 Paesi (Croazia, Cechia, Danimarca, Germania, Lettonia, Malta, Portogallo e Slovacchia) ha inviato a Bruxelles il 100% delle domande di pagamento dei fondi Pnrr. Finora Roma ha ricevuto 102,5 mld €, pari al 53% della dotazione complessiva del Piano, come certificato dall’ultima relazione semestrale sullo stato di avanzamento del Pnrr, ma la spesa è di 52,2 mld € .

I ritardi nelle richieste di pagamento a livello europeo, secondo la Corte dei conti, sono spesso legati all’inflazione, a carenze di approvvigionamento, a incertezze circa la normativa ambientale o a una capacità amministrativa insufficiente. La relazione fa anche degli esempi concreti di misure di difficile attuazione, citando anche l'Italia. Tra le complessità legate alle tempistiche imposte dal Rrf viene nominato l’investimento italiano per lo sviluppo dell’offshore. “A seguito di consultazioni pubbliche e di ulteriori indagini da parte delle autorità italiane, è emerso che il processo di autorizzazione dei progetti beneficiari della misura era incompatibile con il periodo di attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza. Le autorità italiane hanno pertanto formulato la proposta di eliminare la misura dal Pnrr, che la Commissione ha accettato previa valutazione”.

Il rischio, secondo l’istituzione con sede in Lussemburgo, è che le misure Pnrr non siano completate nei tempi e che lo spostamento di diversi investimenti negli ultimi anni di vita dei Pnrr aggravi ulteriormente la situazione, rallentando l’assorbimento delle risorse. Secondo la relazione, 16 Paesi prevedono di completare i traguardi e gli obiettivi relativi ad almeno il 30% dei propri investimenti solo nel 2026, con valori che variano dal 30 % della Spagna al 62% dell’Italia, fino ad arrivare al 70% nel caso della Polonia. E il rischio di non rispettare le scadenze si fa ancora maggiore per gli investimenti infrastrutturali, più sensibili ai ritardi causati da circostanze esterne, che esulano dal controllo degli Stati membri.

Un altro aspetto evidenziato dalla Corte riguarda la non corrispondenza tra gli esborsi e l’effettivo raggiungimento di target e milestone fissati dai Pnrr: “potrebbero essere versati fondi ingenti senza che le misure corrispondenti siano portate a termine dagli Stati membri”. E la Corte sottolinea che “la normativa non prevede il recupero dei fondi se i traguardi e gli obiettivi sono raggiunti, ma le misure da ultimo non vengono completate”.