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01/08/2024 - Il Sole 24 Ore
Allarme spending nei Comuni Giorgetti rassicura: niente tagli

ROMA La battaglia sull'ultima spending review è appena finita con un quasi pareggio fra il ministero dell'Economia, che puntava a misurare una quota importante dei tagli in base ai fondi ricevuti dal Pnrr, e i sindaci che chiedevano parametri diversi. A intensificare i toni c'è stato anche il timore, diffuso fra molti amministratori locali, che il confronto di primavera fosse solo un antipasto leggero del probabile scontro d'autunno, quando il Governo dovrà mettere insieme una complicata manovra da almeno 20-25 miliardi chiedendo sacrifici diffusi per finanziare cuneo fiscale, riduzioni Irpef e spese obbligatorie senza creare nuovo debito pubblico come sostenuto a più riprese dal ministro dell'Economia Giorgetti. Ora ci pensa la relazione annuale della Corte dei conti sulla finanza locale a mettere in bella copia le paure circolate finora fra i sindaci. Il ritorno in campo del Patto Ue fondato ora sul controllo della spesa primaria e la procedura per deficit eccessivo, spiegano i magistrati della sezione Autonomie, rischiano di «imporre già con la manovra per il 2025-2027 correzioni al concorso alla finanza pubblica degli enti locali», dopo cinque anni in cui «la sospensione del Patto ha evitato politiche procicliche, permettendo misure di sostegno agli enti locali e di rilancio economico». Il cambio di rotta pare inevitabile, ma andrà accompagnato da «misure di sostegno per gli investimenti» per non azzoppare gli enti locali proprio nella fase decisiva dell'attuazione del Pnrr. Gli anni delle vacche ingrassate dal sostegno centrale sono finiti, spiega in pratica la Corte anche se con un linguaggio più sorvegliato, ma ora bisogna evitare cambi di scenario troppo bruschi. Giorgetti, che in questi giorni ha avviato il solito confronto annuale con i colleghi di Governo nel tentativo di raccogliere da ogni ministero obiettivi credibili di riduzione di spesa, sa bene che i confronti sulla spending non sono facili. Giusto ieri, per esempio, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha fatto precedere il suo incontro con il titolare dei conti, in programma oggi, da un'intervista alla Stampa in cui annunciava di voler «chiedere a Giorgetti più soldi per assunzioni e incentivi al personale». Tutti, insomma, faranno conoscere all'inquilino di Via XX Settembre le ragioni per cui proprio loro vanno esclusi dai sacrifici della prossima manovra. La Corte dei conti ne offre una non banale agli enti locali. Che negli ultimi tre anni hanno visto gonfiarsi la colonna delle spese correnti per effetto di inflazione, rinnovi contrattuali e assunzioni, ma in pratica non hanno spazi per compensare questa dinamica con aumenti di entrate. Proprio su questi numeri si è concentrato l'incontro che ieri pomeriggio, poche ore dopo la pubblicazione della relazione, i sindaci hanno avuto al ministero dell'Economia in vista della manovra. La delegazione degli amministratori locali, guidata dal presidente facente funzione dell'Anci Roberto Pella (Fi) affiancato dal presidente dell'Ifel Alessandro Canelli, sindaco leghista di Novara, ha trovato un Giorgetti rassicurante, che ha escluso espressamente la volontà di introdurre nuovi tagli diretti alle risorse per lavorare piuttosto su efficienza della riscossione, rilancio delle gestioni associate e miglioramento nella gestione del patrimonio pubblico. Certo, la manovra è ancora lontana, ma il faccia a faccia di un'ora e mezza è stato dominato da un clima molto diverso rispetto a quello di poche settimane fa, e dalla disponibilità ad approfondire nodi critici strutturali a partire dalla riscossione: che ha bisogno di una cura di lungo periodo (si veda l'articolo a fianco), che potrebbe cominciare a settembre con i decreti attuativi della delega fiscale che su questo capitolo non hanno ancora visto la luce. «Un confronto positivo - commentano i sindaci -, assicuriamo la massima collaborazione». I numeri messi in fila dalla relazione della sezione Autonomie del resto parlano un linguaggio piuttosto chiaro. L'anno scorso la spesa corrente dei Comuni è arrivata a 60,2 miliardi, cioè 4,7 miliardi sopra i livelli del 2021 (+8,4%; rispetto al 2022 l'aumento è del 4,2%). A gonfiare le uscite non è però un'impennata delle attività rivolte dagli enti ai propri amministrati, perché la corsa è spiegata integralmente da inflazione e buste paga: la prima ha aumentato di 3,7 miliardi (da 29,8 a 33,5) la spesa per l'acquisto di servizi, voce in cui rientrano le utenze di luce e gas, e le seconde hanno portato da 10 a 10,7 miliardi le uscite per il personale, che pure rimane il meno pagato e il più carente nella Pubblica amministrazione italiana anche dopo il nuovo contratto e la spinta alle assunzioni, in genere a termine, portata dal Pnrr. Gli enti locali vivono insomma nei propri bilanci le difficoltà affrontate in questi anni dagli italiani a reddito fisso. Ora l'inflazione smodata del l'ultimo biennio è archiviata, insieme però ai sostegni temporanei mentre i prezzi non sono certo destinati a tornare ai livelli precedenti all'invasione russa dell'Ucraina. Tutto questo accade mentre gli spazi fiscali liberi per eventuali aumenti di aliquote sono quasi esauriti da anni, con gli incrementi decisi per compensare i vecchi tagli. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Gianni Trovati